JEMORE

Di Andrea Pradelli e Eleonora Fabio 

Le startup hanno un ruolo fondamentale nella nuova economia della conoscenza: spesso sono fondate da imprenditori giovani e sono portate all’innovazione. La presenza di startup innovative e di un ambiente favorevole alla loro crescita è un indicatore della competitività di un territorio. Ma come vanno le cose in Emilia-Romagna e a Modena? Per rispondere a questa e ad altre domande abbiamo intervistato Giancarlo Bergamini, ex Trade Finance Specialist per BPER, che da tempo segue per passione il mondo delle imprese nel nostro territorio.  

1. Da quando ha iniziato a seguire il mondo delle startup a Modena e in Emilia-Romagna? 

Premetto che non ho un interesse specifico per le startup, penso semplicemente che facciano parte del panorama economico e come tali meritino attenzione. Per quanto non sistematicamente, seguo il fenomeno da una decina di anni. 

2. Che cambiamenti ci sono stati nelle caratteristiche, nella specializzazione e nel modello organizzativo delle startup emiliane negli ultimi 20 anni? 

Se dovessi racchiudere il cambiamento in un’espressione direi che siamo passati dai “dilettanti allo sbaraglio” ai “semiprofessionisti”. L’evoluzione non è avvenuta solo fra gli startupper, ma anche e soprattutto nel contesto. Dieci anni fa la startup poteva contare su scarso appoggio in termini di consulenza e sostegno economico. Ricordo ancora qualche “business angel” che faceva il giro delle presentazioni in cerca di idee brillanti da finanziare con poche decine di migliaia di euro. Il massimo del successo era la vittoria di un concorso, anzi più di uno; c’erano delle startup pluridecorate che non sono mai arrivate al mercato. 

Non si può negare che ora le cose siano cambiate, soprattutto con l’entrata in campo di player in grado di accompagnare lo startupper durante tutto il percorso. Per la tangibilità dei loro interventi, vengono subito in mente i finanziatori, che possono avere la dimensione di CDP e Invitalia, ma teniamo conto che la loro presenza è resa possibile solo dalla credibilità dei progetti che vengono loro presentati. Pertanto, ritengo che oltre ai finanziatori siano importanti anche i consulenti/tutor capaci di orientare gli startupper (e di escludere senza esitazioni le proposte scarsamente meritevoli). 

3. Qual è il primo consiglio che darebbe a uno startupper? Secondo lei che caratteristiche deve avere una startup per avere più probabilità di avere successo? 

Mi ricollego alla risposta precedente per manifestare una convinzione che esprimo da tempo e che in passato provocava perplessità fra i miei interlocutori: nell’ecosistema locale e nazionale –che non è quello californiano quello israeliano- è nell’orbita di preesistenti aziende di successo che la nascita di imprese innovative ha maggiori chance di successo. Insomma, il migliore incubatore di startup è un’impresa strutturata. Al di là degli slogan che si è soliti somministrare agli aspiranti startupper (credi in te stesso/nella tua idea, non abbatterti mai e simili piacevolezze), vorrei provocatoriamente consigliare di proporsi ad un imprenditore illuminato che già alleva-incuba progetti d’impresa. 

4. Secondo lei quali sono i punti di forza e di debolezza dell’ecosistema delle startup in Emilia-Romagna? 

Coerentemente con quanto già detto, penso che i punti di forza e di debolezza dell’ecosistema delle startup rispecchino sostanzialmente i punti di forza e di debolezza del tessuto imprenditoriale di una determinata area. In parole povere, se ci fossero molte imprese strutturate veramente interessate ad innovare si creerebbe un contesto favorevole alla nascita e crescita delle startup. Sono convinto che molto si giochi, per così dire, sul lato della domanda di startup; penso che la sensibilità a questa esigenza da parte di imprese affermate (che avrebbero in sé un buon numero di contatti e un sostanziale orientamento in termini di prospettive di mercato, se non un mercato tout-court) faciliterebbe le altre fasi della crescita della startup. Mi piace citare, qui a Modena, il caso E-Hub, formatosi nell’ambito di Techboard Group. 

5. Quale potrebbe essere una strategia per rendere la nostra provincia più attrattiva per le startup? Che ruolo possono giocare il Comune, la Regione e l’Università? 

 Viene da chiedersi se, paradossalmente, il Comune non stia facendo “troppo”, nel senso che, col periodico annuncio dell’apertura di nuovi “spazi per startup”, rischia di cadere nella solita logica del contenitore sulla cui utilità c’è motivo di dubitare. La cosa più utile sarebbe che l’amministrazione comunale rendesse le procedure burocratiche più semplici e spedite, tali da sgravare gli utenti –non solo startupper- da esasperanti perdite di tempo e dal ricorso a costosi consulenti. La Regione a sua volta, grazie all’accesso a fondi anche europei dedicati allo sviluppo, dovrebbe assicurare ai nuovi imprenditori (e non solo a loro) la massima assistenza nell’intercettare risorse finanziarie e nel partecipare ai relativi bandi. Trovo lodevole il ponte promosso dalla Regione ER con realtà mondiali all’avanguardia quali la Silicon Valley e Israele. Mi sembra che l’Università si stia muovendo nella direzione giusta, anche se mi rendo conto delle difficoltà di declinare in comportamenti concreti le linee guida (non voglio parlare di slogan) che vengono annunciate. Torniamo a quello che vorrei fosse il take home message di questa intervista: il fenomeno startup per avere successo si deve inserire nella più vasta realtà imprenditoriale, di cui rappresenta una punta particolarmente dinamica e innovativa. Richiede pertanto comportamenti coerenti da parte prima di tutto delle imprese strutturate, poi dei diversi attori istituzionali, i quali a loro volta si dovrebbero sforzare di adottare un approccio più “imprenditoriale/business friendly”. Ci si rende conto di quanto tutto ciò sia difficile.  

Da questa chiacchierata con Giancarlo Bergamini abbiamo capito quanto sia importante il dialogo fra le startup e le aziende già presenti sul territorio, che possono fare loro da “chioccia” e fornire ai nuovi imprenditori competenze, contatti ed esperienza. Non dobbiamo quindi pensare alle aziende “storiche” e alle startup come due mondi diversi, ma come soggetti complementari fra di loro.  

Infine, il ruolo delle istituzioni pubbliche deve essere prima di tutto semplificare i processi burocratici e aiutare le imprese- sia quelle nuove che quelle “vecchie”- a intercettare le possibili fonti di finanziamento, ad esempio i bandi europei.  

La strada per rendere Modena una terra di startup è ancora lunga, ma i presupposti ci sono ed è necessario che tutti gli attori facciano la loro parte.