di Isabella Marcosano & Eleonora Barbieri
Continua la rubrica dedicata alla scoperta delle professioni emergenti che riteniamo diventeranno sempre più importanti e popolari. Con questa rubrica cerchiamo di capire di cosa si occupano nel concreto tutte quelle professioni dai nomi altisonanti che senti spesso in giro.
Se nell’articolo precedente abbiamo analizzato la figura del Data Analyst, oggi tocca al Brand Strategist.
Branding, Strategy, Brand Identity: ti sarà capitato di sentire queste parole, ma cosa significano e in che modo sono collegate tra loro?
Per definizione, “strategia” implica un piano a lungo termine. La Brand Strategy, dunque, consiste nella stesura di un piano strategico di lungo periodo riguardante lo sviluppo di un marchio in grado di generare valore, comunicare con i propri clienti e raggiungere risultati concreti. Parte integrante di questo piano strategico è la Brand identity, che consiste nell’insieme di immagini emotive, rappresentazioni ed elementi distintivi che si decide di associare al marchio per far breccia nel cuore dei consumatori.
Questo piano strategico, se ben strutturato, è in grado di far identificare e riconoscere i consumatori nei valori del brand e allo stesso tempo di imporsi sul mercato, aumentando la propria notorietà e reputazione.
Il Brand Strategist è colui che si occupa, quindi, di elaborare questo piano strategico a partire da una serie di dati.
Quanto è importante la Brand strategy per un business?
Per spiegartelo, ti porto un famoso esempio di qualche anno fa.
Tutti conosceranno la faida tra Pepsi e Coca Cola, ma pochi sanno che nel 2003, il dottor Read Montague, direttore dello Human Neuroimaging Lab del Baylor College of Medicine a Houston, condusse un esperimento per approfondire il perché Coca-Cola continuava ad essere leader del settore, nonostante molti preferissero il sapore della Pepsi. Si servì quindi di 67 volontari e li collegò ad un tomografo e ad una risonanza magnetica.

I risultati dell’esperimento dimostrarono che al contrario di quando si beveva o gustava la bibita, quando si mostravano i due brand accadeva qualcosa di sorprendente: nei volontari si attivava la corteccia prefrontale mediale, la zona del cervello che si occupa del pensiero superiore, quello che ci differenzia da tutte le altre specie. Sono proprio quelle emozioni e quelle sensazioni, generando ricordi, che inducono ad acquistare, non il sapore.
Se non ti abbiamo ancora convinto, guarda al Brand come ad un investimento.
Costruire un marchio riconoscibile e in cui il consumatore si identifichi è alla base della strategia di un business che non solo vuole sopravvivere ma intende fare la differenza rispetto ai competitors nel mercato.
Sicuramente non si tratta di un’attività semplice: richiede, tra le altre cose, lo studio del settore di riferimento e del panorama competitivo in cui l’azienda si andrà a posizionare, che costituirà una solida base di informazioni per ideare e attuare strategie di marketing efficaci, oltre che per migliorare la credibilità e reputazione dell’azienda agli occhi esterni e di conseguenza il suo fatturato, ottimizzando quindi gli investimenti iniziali in termini di analisi, pianificazione e pubblicità.

Cosa fa il Brand Strategist?
Si occupa di task più analitiche, come condurre ricerche sull’azienda e sui competitor, analizzare dati e tendenze, rimanendo aggiornato su eventuali cambiamenti, alla ricerca di sfide e opportunità, fino a task più creative come sviluppare l’architettura, il posizionamento e la strategia di marchio, creare uno storytelling avvincente e collaborare con i team creativi dell’azienda. Oltre a questo, il Brand Strategist è spesso impegnato in egli incontri e presentazioni con i clienti o in sessioni di brainstorming con i vari team.
Quali sono le attività di tutti i giorni e gli attori aziendali con cui è in contatto?
Il lavoro del brand strategist non può essere svolto in solitudine davanti al PC. Più di molti altri, è un ruolo che non solo necessita un’interazione continua con gli altri dipartimenti/unità all’interno dell’azienda ma che si colloca anche al centro del settore di riferimento e dei trend del momento.
All’interno dell’azienda traccia la traiettoria, coordina e corregge il tiro di diversi attori coinvolti. Con le unità marketing e comunicazione (ad es. grafico per il logo, programmatore per il sito, …), il brand strategist si assicura che tutte le attività siano allineate alla strategia definita per l’azienda. Insieme alla produzione, studia la fattibilità di nuovi prodotti tenendo in considerazione vincoli e catena produttiva. Con il commerciale, controlla l’andamento delle vendite e la richiesta di nuovi prodotti. Perciò ogni giorno, dopo una bella tazza di caffè, non manca nella to-do list del brand strategist una buona dose di project management: controllo avanzamento lavori su specifici progetti, liaison se più dipartimenti sono coinvolti, revisione risultati analisi o progetti, comunicazioni al management. A seconda della dimensione dell’azienda, oltre alla revisione, c’è anche la creazione di contenuti, grafiche, etc.
Allo stesso tempo, il brand strategist deve continuamente tenere un occhio vigile verso ciò che sta accadendo sul mercato e nel settore e su ciò che stanno sviluppando i concorrenti. Per controllare che il brand risponda ancora ai bisogni dei propri clienti, è necessario che il brand strategist analizzi e sintetizzi dati. Questi possono essere dati di digital marketing (click sul sito, ricerche sui motori di ricerca, etc.) oppure dati di vendita per ciascun prodotto. Con una ricorrenza non giornaliera, questo può portare alla revisione e aggiornamento della strategia marketing o ideazione di nuove linee prodotto.
Quando nasce il ruolo e come si è evoluto negli anni?
La gestione del marchio di un’azienda è nata quando ci si è resi conto che grazie ad essa si può generare più profitto, oltre al valore intrinseco del prodotto venduto, differenziando il prodotto dalle commodity. Si crede che il primo a fare ciò sia stato Procter & Gamble. Ora siamo sicuramente nell’era d’oro del branding grazie soprattutto ai nuovi canali di advertising disponibili (Google, social media). Brand strategy è sempre stata un capitoletto poco studiato di un corso di marketing, ma questo aumento di importanza ha portato all’apertura anche di corsi e master mirati.

Qual è il percorso formativo standard e le competenze necessarie per questo ruolo?
Come risulta dai paragrafi precedenti, il ruolo del brand strategist ha due anime: una più economica e quantitativa per l’analisi di mercato e la sintesi dei dati e una più creativa e artistica per lo sviluppo dei contenuti e delle campagne marketing.
Essendo una professione relativamente nuova, non esiste un percorso accademico standard e chi ha questo ruolo spesso proviene da background diversi data la sua trasversalità: business, marketing, design, etc. Tuttavia, è possibile definire alcune conoscenze e abilità utili.
- Esperienza nel settore: è sicuramente un buon punto di partenza la conoscenza approfondita del settore
- Conoscenza approfondita dei canali marketing, soprattutto quelli digitali, e dell’utilizzo di Google Analytics
- Creatività e abilità grafiche
- Capacità di analisi dati e di sintesi
- Comprensione dell’economia comportamentale e della psicologia del consumatore. Quest’ultimo punto è essenziale per comprendere i bisogni e le voglie dei clienti e avvicinarli all’azienda.
Questa è una professione in cui, rispetto ad altre che stanno nascendo e che saranno trattate in questa rubrica, la tecnologia o i dati non hanno un ruolo predominante ma sono la base su cui tutte le decisioni vengono prese. Questa è una professione che, anche se meno high-tech e più basata su rapporti umani, sta diventando sempre più importante, anche in questo mondo digitale.
Se vuoi un lavoro coinvolgente e dinamico, se hai voglia di prenderti a cuore l’azienda in cui lavori e farla fiorire, se non sei pronto ad abbandonare l’ambito creativo ma hai anche spirito imprenditoriale, se ti interessano i comportamenti dei consumatori, allora il brand strategist è il ruolo giusto per te.